Riforma “epocale” secondo il sottosegretario all’istruzione Reggi. Il punto di vista dei partiti e le critiche dei sindacati.
“Più ore per tutti i docenti, 36 a settimana, e aumenti di stipendio a chi si prende responsabilità oppure offre competenze specifiche”. Queste le parole apparse su Repubblica di ieri del sottosegretario all’istruzione, Reggi preannunciando il varo di un piano pronto, ma da valutare dopo consultazioni, sul futuro dell’istruzione italiana e che a conclusione dovrebbe andare al vaglio del premier Renzi prima di essere ufficialmente presentato il 15 luglio. Inoltre scatti d’anzianità invariati e premi stipendiali fino al 30 per cento per i docenti impegnati in ruoli organizzativi (vicepresidi, docenti senior) o attività specializzate (lingue e informatica). Una riforma “epocale” secondo il sottosegretario all’istruzione Reggi ma che secondo molti ricalcherebbe la vecchia preposta dello stato giuridico dei professori pensato da Valentina Aprea nella sua proposta di legge che poi, Profumo ministro, venne definitivamente accantonata, e all’altra, sempre con Profumo ministro, relativa all’aumento di ore agli insegnanti. In sostanza il piano prevedrebbe più ore a scuole per un periodo più lungo. “Ci siamo incontrati coi sindacati e dopo il 15 luglio torneremo a farlo: sanno che vogliamo togliere rigidità al contratto. Ma la consultazione sarà aperta agli insegnanti, agli studenti, al personale amministrativo, ai cittadini comuni. La scuola va cambiata, svecchiata. Abbiamo davanti un’occasione storica: tra il 2017 e il 2022 il 40% del corpo docente andrà in pensione”. È ancora Reggi che parla su Repubblica: “Gli insegnanti italiani non aumenteranno, non ci sono i soldi e ce ne saranno pochi anche in futuro. La scuola italiana costa 55 miliardi l’anno, bisogna usare meglio quello che c’è”.
Parole che naturalmente non sono passate inosservate e hanno avuto vasta eco all’interno dei gruppi parlamentari e delle organizzazioni sindacali di categoria. La senatrice, Francesca Puglisi, capogruppo Pd in Commissione Istruzione a Palazzo Madama, supportando quanto detto dal suo collega di partito dichiara: “Il patto per la scuola presentato da Reggi, ricalca gli impegni che ci eravamo assunti con gli elettori alle scorse elezioni politiche: scuole aperte tutto il giorno per permettere agli studenti di vivere la scuola come la propria casa, dove tornare a studiare da soli o in compagnia trovando libri e pc, fare musica e sport”.
Della stessa idea ma di partito diverso la responsabile nazionale Scuola di Forza Italia, Elena Centemero aggiunge: “La previsione di un cambiamento dello stato giuridico dei docenti, attraverso la differenziazione nella carriera e l’introduzione di orari differenti per gli insegnanti, è un punto centrale che permetterebbe, come abbiamo proposto, di tener aperte le scuole anche d’estate e nel pomeriggio. Questa proposta va accompagnata con un serio sistema di valutazione del personale e con la possibilità di mobilità in altri comparti della Pubblica Amministrazione per i gravi casi che ci sono nelle nostre scuole. La professionalità dei docenti – conclude – è fondamentale per la qualità della scuola”.
Fortemente critica la posizione di Silvia Chimienti, del Movimento 5 Stelle che dichiara: “Il passaggio a 36 ore di servizio comporterebbe un danno gravissimo per tutto il personale precario che attualmente sopravvive grazie a spezzoni di orario e supplenze brevi non coperte dai docenti in ruolo. Di questo passo si aggraverà ulteriormente la piaga del precariato. Noi del M5S ci opporremo fermamente alle 36 ore settimanali per i docenti di ruolo e proporremo, al contrario, di affidare l’eventuale monte ore eccedente a chi attualmente non lavora o è precario”.
Uniti e fortemente critici i sindacati di categoria che in più note hanno manifestato il loro dissenso sintetizzando e lamentando che in questa fase sarebbe indispensabile realizzare un percorso rapido di approfondimento degli argomenti indicati e, soprattutto la necessità di individuare delle misure per innalzare la qualità del sistema educativo italiano e per innovare le politiche del personale, che ormai da lungo tempo attende risposte concrete a fronte delle dichiarazioni rese dal Governo.