3.600 firme per mantenere l’attuale struttura d’esame di maturità.
Sono oltre 3.600 le firme raccolte in pochi giorni da un appello online lanciato da Giorgio Allulli, per il mantenimento della attuale struttura delle commissioni d’esame di maturità – metà membri interni, metà esterni e presidente esterno – e contro la scelta del ministro Giannini, poi recepita nella Legge di Stabilità 2015, di tornare alle commissioni tutte interne (salvo il presidente) volute dal ministro Moratti (2001-2006) a modifica della composizione metà e metà prevista dalla riforma Berlinguer entrata in vigore nel 1999.
Secondo la Legge di Stabilità il nuovo Esame di Stato per la scuola secondaria di II grado prevede: una Commissione d’esame composta dai docenti delle materie di esame della classe del candidato, in numero di sei in qualità di membri interni, più il Presidente, in qualità di componente esterno. Nulla cambia rispetto alle modalità con cui sono scelte le materie oggetto d’esame. I commissari sono designati dai consigli di classe e nominati dal Dirigente Scolastico, in modo da assicurare la presenza delle materie oggetto della prima e della seconda prova scritta e un’equilibrata presenza delle altre materie d’esame. Il Presidente è scelto dall’USR tra personale dirigente delle scuole secondarie di II grado statali, personale docente con almeno 10 anni di ruolo e professori universitari di ruolo. Il tutto ottenendo la possibilità di risparmiare 147 milioni di euro.
Ma fino a che punto la commissione ‘metà e metà’, può essere considerata ‘esterna’ o ‘terza’ secondo i modelli europei? Inoltre un esame in cui gli insegnanti finiscono per giudicare loro stessi e il loro operato, senza un confronto con valutatori esterni avrebbe ancora senso? E’ dello stesso parere Mariangela Bastico, ex viceministro dell’Istruzione, che fa notare: “In verità, la scelta di commissioni tutte interne (ad eccezione del Presidente) determina di fatto l’assoluta irrilevanza dell’esame di Stato, preparandone la sua abolizione e la conseguente eliminazione del valore legale del titolo di studio. Questa scelta è stata più volte tentata dai governi di centro destra, ma mai portata a compimento, in quanto modificherebbe strutturalmente il sistema nazionale di istruzione, affidandolo ad una logica di mercato, in cui scuole pubbliche e private gareggerebbero per conquistare studenti, la cui selezione verrebbe fortemente condizionata dalla situazione economica e sociale della famiglia di origine”
Si parla tanto di tagliare i rami secchi e di ridurre gli sprechi per tornare ad investire nuovamente nella scuola, ma a quanto pare questa ennesima novità votata come al solito al risparmio proprio non piace a nessuno.