Sindacati in piazza per il rinnovo del contratto: 6 anni di blocco e risorse insufficienti.

articolo scritto il 28 Novembre 2015

Con lo slogan “Pubblico6Tu, ContrattoSubito”, migliaia di lavoratori da tutto il paese hanno sfilato oggi lungo le vie della capitale. Oltre 25 sigle in rappresentanza di scuola, sanità, funzioni centrali, servizi pubblici locali, sicurezza e soccorso, università, ricerca, Afam e privato sociale, si sono ritrovate in piazza della Repubblica, dove alle 12 sono partiti con un corteo che giunto in piazza Madonna di Loreto, nei pressi di piazza Venezia ha visto i comizi finali dei segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Snals-Confasl Susanna Camusso, Annamaria Furlan, Carmelo Barbagallo e Marco Paolo Nigi .
In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, i dipendenti pubblici sono 3 milioni e 333mila. Si contano 58 impiegati nella pubblica amministrazione ogni mille abitanti, ai livelli della Germania (54) e molto lontani dalla Svezia (135). Il totale dei dipendenti pubblici è calato di 385.200 unità dal 1995 a oggi, ma di questi soltanto a partire dal 2010 sono 176.400. Una perdita secca non compensata dal turn over che si riflette sulla spesa per i redditi, passata da 172,5 miliardi nel 2010 a 163,8 miliardi nel 2014. Un calo pari nel complesso a 8 miliardi e 734 milioni di euro, che porta la spesa per i redditi sul totale del Pil nazionale al 10,9%. Anche per quanto riguarda le retribuzioni si stima che nei sei anni di blocco i lavoratori abbiano perso circa 4.800 euro (mancati adeguamenti contrattuali e inflazione).

 
Duri gli interventi dei segretari delle OO.SS. di categoria.
Domenico Pantaleo, segretario generale della FLC Cgil nella sua Cartolina al Governo riferisce: Capiamo che seguire la via indicata dalla Corte costituzionale non risponde ai suoi interessi di potere tanto da stanziare 8 ridicoli euro medi per ogni lavoratore pubblico. Ma è la democrazia, quella che i lavoratori della scuola praticano tutti i giorni e che nessuna sedicente “buona scuola” – dai tratti autoritari, divisivi, negatori della collegialità e della condivisione, lesiva della libertà di insegnamento – può cancellare. Post scriptum: se tiene veramente alla cultura e al futuro del Paese – aggiunge Pantaleo – stanzi nel corso di un quinquennio quei 15 miliardi che ci separano dall’investimento medio in istruzione dei Paesi Ocse.

 
Bisogna rinnovare il contratto – ribadisce Francesco Scrima, segretario generale della Cisl Scuola – per riconoscere finalmente giusta dignità e valore al lavoro nella scuola, avvicinando i trattamenti economici a quelli degli altri paesi europei. Ma non solo questo, occorre fare della contrattazione la leva giusta e più efficace per processi di innovazione condivisi e non imposti con arroganza e scarsa competenza. La scuola può funzionare bene – sottolinea Scrima – solo se le diverse professionalità che vi operano sono valorizzate al meglio. Il governo trovi per questo le risorse necessarie.

 
Ora bisogna far funzionare le scuole, dare sicurezze professionali alle persone, valore al loro lavoro con il rinnovo del contratto – è il commento di Pino Turi, segretario generale della Uil Scuola. Quello che stanno tentando di realizzare, fase dopo fase, è un sistema che si sta rivelando – come avevamo preannunciato – inefficace, ingiusto, impossibile da mettere in pratica. Un sistema neo-burocratico e dirigista, tutto orientato a seguire le procedure, piuttosto che guardare al risultato, che riduce l’autonomia professionale. Un sistema che non ci convince, non ci piace, non rispetta i valori costituzionali assegnati al nostro sistema di istruzione. Va cambiato – precisa Turi – nelle parti più deleterie della legge, come gli ambiti territoriali, la titolarità e responsabilità dei docenti nei confronti degli alunni.

 

Il governo dichiara di puntare sulla scuola per la crescita sociale, culturale ed economica del paese, ma di fatto ha emanato una legge che riporta la scuola indietro di 40 anni, al ‘68. Accanto al sacrosanto diritto allo studio – sottolinea Marco Paolo Nigi, segretario generale Snals Confsal – manca, da parte degli studenti, il dovere, anzi l’obbligo allo studio. Il governo mortifica i lavoratori della scuola, li considera fannulloni e assenteisti. Al tempo stesso – continua Nigi – li condanna a un non rinnovo del contratto (bloccato da oltre 6 anni) e li mortifica, mettendo nella legge di stabilità solo pochi euro. Insomma, va cambiata la 107 nei punti in cui mortifica la scuola e va rinnovato il contratto.

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